martedì 16 settembre 2008

Sieg Heil!

Se, leggendo il post su 1984 (e la conseguente critica della prassi totalitaria del comunismo) qualcuno ha creduto che io avessi una visione politica opposta, sciolgo i dubbi pubblicando la mia analisi di un altro romanzo distopico, Swastika Night, incentrato, come si capisce dal titolo, su qualcosa di ben diverso. Buona lettura.


La Cassandra del XX secolo

Nel luglio 1940, in piena seconda guerra mondiale, la casa editrice inglese Left Book Club, di orientamento progressista (per la quale scriveva anche G. Orwell) decise di ripubblicare una novel, già edita nel 1937, il cui contenuto ora si rivelava drammaticamente attuale, essendo ambientata in un desolante medioevo futuro nel quale il Terzo Reich domina metà della superfice terrestre. L’autore del libro (scritto a soli quattro anni dall’ascesa di Hitler) si firmò Murray Constantine.
Nel 1985, la docente universitaria statunitense Daphne Patai, durante una ricerca sulla letteratura utopica femminile, ebbe l’occasione di leggere Swastika Night. Per la studiosa, il punto di vista dell’autore consisteva in un’accusa alla polarizzazione maschile del potere nella società e al suo conseguente culto eterodistruttivo della virilità, insolitamente attribuibili, anche secondo la Patai, a un Mr. Constantine. Ulteriori ricerche confermarono i sospetti, da tempo presenti fra i critici, che dietro uno pseudonimo maschile si celasse in realtà una donna, Katharine Burdekin.
Quel poco che si sa della sua vita è pubblicato nella postfazione dell’opera, ripubblicata nel 1985 dalla Feminist Press per conto della stessa Patai, a cui va il merito di averne salvato la figura dall’oblio. Descritta come una “intensely private person”, Katharine Penelope Cade nacque nel luglio 1896 a Derbyshire. Studiò al Cheltenham Ladies’ College. Nel 1915 sposò Beaufort Burdekin, dal quale ebbe due figli. Durante la Grande Guerra fece parte di un corpo volontario di infermiere che operavano nell’ospedale militare di Cheltenham. Nel 1920 seguì il marito in Australia fino al 1922, quando fece ritorno in Cornovaglia per vivere da sola con la madre e la sorella, Rowena Cade, fondatrice del Minack Theatre. Si sa che nel 1926 incontrò una donna con la quale visse fino alla propria scomparsa, avvenuta nel 1963. Scrisse, oltre a Swastika Night e altri racconti firmati però col vero nome, Quite Ways (1930), Proud Man (1934), Venus in Scorpio (1940, insieme a M. Goldsmith) mentre uscì postumo The End of This Day’s Business (1989), che la Patai ritiene essere stato scritto a cavallo fra gli anni Quaranta e Cinquanta(1) . La sua personale visione della storia e della cultura in rapporto ai condizionamenti dei ruoli nella società costruiti intorno a discriminazioni di tipo sessuale, ai quali è sottoposto l’individuo in un ambiente sostanzialmente patriarcale, anticiperà quella sviluppata negli anni Settanta dalla critica femminista.

(1) La Burdekin usò lo pseudonimo solo per le opere nelle quali rappresentava i legami tra discriminazione sessuale e totalitarismo. In Quiet Ways vengono confrontate le donne che si oppongono alla guerra mosse dall’istinto materno, con quelle che invece l’appoggiano per sudditanza psicologica e materiale ai “dominatori” maschi; invece, The End of This Day’s Business descrive una società post-marxista in cui però i termini della disparità maschio-femmina sono invertiti in senso ginocentrico


Il Sacro Germanico Impero

A Hohenlinden, Baviera, il Cavaliere Teutonico Friedrich von Hess sta officiando la funzione religiosa mensile; si volta verso la città santa, Monaco, in direzione del braccio occidentale della chiesa a forma di svastica per recitare, insieme agli altri uomini lì riuniti, il Credo del culto imperiale, l’Hitlerismo. Seguendo distrattamente la cerimonia, un certo Hermann, un ragazzone biondo di 25 anni, sta ammirando la figura di un giovane corista dai lunghi capelli biondi, mentre le parole del Credo rimbombano per tutto l’edificio, accompagnate dal suono solenne e marziale di organi e tamburi. Dopo aver ricordato ai presenti le leggi immutabili della Società Hitleriana(2) , il Cavaliere annuncia, ritirandosi, la fine del rito. Gli uomini comuni, i Nazisti, escono dalla chiesa per permettere la Funzione delle Donne, considerata indegna della presenza maschile. Una volta fuori, Hermann inaspettatamente incontra un amico, conosciuto durante il servizio militare svolto precedentemente in Inghilterra, che ora si trova in Germania per un pellegrinaggio ai luoghi santi del culto di Hitler.
Alfred, un tecnico aeronautico inglese, è una delle figure principali del libro. È un uomo dotato di grande spirito e intelligenza, capace di ricambiare disinteressatamente l’amicizia di Hermann. Quello che lega il giovane guerriero germanico (fisicamente temibile quanto istericamente infantile) ad Alfred è la consapevolezza che questi incarni una superiore specie di uomo, nonostante in ogni nazista sia inculcato il disprezzo per i popoli vinti e questi ultimi, almeno in senso spirituale, non si siano mai sentiti totalmente sottomessi. Tuttavia, durante una passeggiata in un bosco, le convinzioni “eretiche” che Alfred espone in compagnia dell’amico innescano in questi degli impulsi omicidi a stento frenati dalla loro amicizia. Come Nazista, Hermann dovrebbe uccidere Alfred con il suo pugnale da cerimonia ma non lo fa, sentendosi indegno del suo ruolo. Improvvisamente, Hermann sorprende il corista della cappella mentre sta tentando di violentare una ragazza Cristiana, sebbene questa, secondo le leggi Hitleriane, debba essere soggetta a un disprezzo totale. Pazzo di gelosia, Hermann percuote brutalmente il ragazzo, salvato solo dall’intervento di Alfred. Obbligati a riferire l’accaduto alle autorità, i due risalgono la gerarchia locale fino al cospetto del Cavaliere di Hohenlinden in persona.
La triade dei personaggi a questo punto è riunita. Friedrich von Hess, Cavaliere Teutonico del Circolo dei Dieci, porta con sé la maledizione della conoscenza. Egli possiede un libro nel quale è descritta in prima persona la realtà storica pre-Hitleriana, scritto da un suo antenato circa 600 anni prima, durante la genesi del culto di Hitler, concepito da un isterico, frustrato e sanguinario politico, W. von Wied, l’apostolo della nuova religione della virilità guerriera, un “successore” di J. Goebbels, il ministro della propaganda del Reich. La mitogenesi del potere si è attuata tramite la mistificazione della figura dell’Hitler storico assimilato esteticamente a Thor, a cui segue un plagio del mito della nascita di Atena (il Fuehrer è biondo e possente, non è nato da donna ma è esploso dalla testa del Padre). Seguono il provvedimento politico denominato “Riduzione delle Donne” e la distruzione della cultura alfabetica tramite i roghi dei libri, in una ancor più tragica Norimberga, che diede alla società l’ordine immutabile stabilito dai vincitori. Oltre al libro, anche una fotografia del Fuehrer in carne e ossa concorre a costituire la prova della mistificazione sulla quale si basa l’Impero Germanico. Per secoli i von Hess si sono tramandati il prezioso oggetto. In conseguenza del dissidio interno causato dalla conoscenza della verità accoppiata al ruolo ricoperto nella gerarchia Hitleriana, ogni von Hess ha sempre mostrato segni di eccentricità, ed è stato sempre trattato con sufficienza dai suoi pari. Ma questo Cavaliere non ha più eredi a cui affidare il documento, essendo questi deceduti durante azioni militari. Dopo un tentato suicidio avvenuto durante un volo a bordo del proprio aereo, lasciato pilotare intenzionalmente ad Alfred, poco esperto di volo pratico, von Hess ha nei giorni successivi una conversazione con il tecnico inglese. Dopo essersi convinto dell’integrità spirituale del suddito, lo reputa degno di essere messo a conoscenza del contenuto del manoscritto e di continuare la missione; dopo averlo fatto giurare nello stesso rito dei Cavalieri, gli affida il libro. Ma Alfred, terminato il pellegrinaggio, deve tornare in Inghilterra.
Hermann, pur di seguirlo, ritratta la sua versione dell’aggressione al corista e affronta la punizione dell’Esilio, scegliendo come destinazione la piana di Salisbury, dove Alfred lavora in un hangar militare Nazista. L’unico conforto del giovane tedesco, sconvolto dalle rivelazioni del Cavaliere e dal disonore della sua condizione di paria, è la vicinanza dell’amico inglese, verso il quale è possibile intuire che nutra un rapporto affettivo di natura velatamente omosessuale. D’altra parte Alfred, che si è riunito con i suoi figli Fred, Thomas e Jim, affida il libro ad un nascondiglio sotto Stonehenge, aiutato dal primogenito Fred e da Hermann. Dopo notti di lettura a lume di candela nell’antico rifugio militare scavato sotto i megaliti, Alfred decide di far visita ad un uomo, Joseph Black, appartenente alla setta dei Cristiani, per tentare di conoscere meglio il loro culto, alla luce di quanto appreso dal manoscritto. Si reca poi nel Quartiere delle Donne dove Ethel, che è temporaneamente in suo possesso, ha nel frattempo dato alla luce una bambina, Edith. L’etica dell’Impero Germanico (dalla quale Alfred, redarguito a proposito dal Cavaliere, non è mai stato totalmente immune) considera la nascita di una femmina un evento spiacevole per il padre e vergognoso per la madre; invece Alfred chiede all’incredula Ethel di poter tenere in braccio la piccola come se fosse un maschio. Brucia in lui la consapevolezza dello stato in cui versa ogni donna, confrontato con l’immagine di una florida ragazza ritratta nella foto al fianco di Hitler.
Proteggere la verità è però un’impresa rischiosa; durante una notte, una pattuglia armata di Nazisti scopre fortuitamente il nascondiglio. Fred riesce a scappare in tempo con il libro, mentre Hermann, per onorare il giuramento di fedeltà ad Alfred pronunciato di fronte al Cavaliere, viene ucciso dai soldati. Alfred, scioccato dalla vista dell’amico a terra, si getta a mani nude contro gli invasori per poi ritrovarsi, dopo uno stato di incoscienza, in un letto di ospedale, gravemente contuso e in fin di vita. A quel punto Alfred, che porta il nome del leggendario re inglese dalla grande cultura che difese il paese dall’invasione Scandinava, fa giurare a Fred, presso il suo capezzale, di continuare a custodire l’antico documento e di istruire, con saggezza e pazienza, altri uomini degni di recepirne il messaggio. In un finale drammatico, padre e figlio decidono di affidare il manoscritto di von Hess a J. Black. Sarà così virtualmente al sicuro dalle perquisizioni, ma altrettanto virtualmente inutile, poiché i Cristiani disprezzano l’alfabetismo. Il Santo Graal del terzo millennio viene così nascosto in una seconda cripta, dalle mura solide quanto il disprezzo xenofobo del quale è imbevuto un potere distruttivo dalla furia cieca, minacciato perfino dalla propria misoginia: perché, pochi lo sanno, la potenza della Germania sta rischiando il proprio untergang (declino). Infatti, la pace forzata con l’Impero Giapponese, l’eterno nemico, è stata voluta per abbassare il tasso di mortalità maschile e contenere il decremento demografico, in quanto le donne, le più sofferenti fra le creature, stanno ormai cessando di riprodursi. La loro natura biologica disprezzata, sminuita e vilipesa si sta ribellando ai dominatori semplicemente eseguendone gli ordini, cioè partorire prevalentemente figli maschi. L’umanità sta rischiando l’estinzione per sua stessa colpa; è questo il tragico destino che attende lo sprezzante, brutale e oscurantista Impero Germanico, se al nuovo crepuscolo degli dei seguirà l’ultima notte degli uomini, agonizzanti, sotto il segno della croce uncinata.

(2) As a woman is above a worm, So is a man above a woman. As a woman is above a worm, So is a worm above a Christian. So, my comrades, the lowest thing, The meanest, filthiest thing That crawls on the face of the earth Is a Christian woman. To touch her is uttermost defilement For a German man. To speak to her only is a shame. They are all outcast, the man, the woman and the child. My sons, forget it not! On pain of death or torture Or being cut off from blood. Heil Hitler.
(Swastika Night, Feminist Press, New York, 1985, p. 6-7)



Il Feudalesimo del Terzo Millennio

Nell’anno 720 dopo Hitler, il mondo è diviso in due grandi imperi. Padrone dell’Europa, dell’Africa e di metà continente eurasiatico, l’Impero Germanico divide con quello Giapponese il dominio sulle terre emerse. Come in 1984, le ideologie degli schieramenti sono identiche, con un Fuehrer da una parte e un Imperatore dall’altra, entrambi considerati di ascendenza divina. Il Terzo Reich, dopo una guerra ventennale, ha soggiogato un intero emisfero e vi ha instaurato le proprie istituzioni, secondo le quali quello tedesco si è dimostrato superiore a tutti gli altri popoli, arrogandosi poi il diritto di decidere le sorti dei vinti.
L’Impero Germanico è organizzato in una gerarchia piramidale(3) che vede, dall’alto in basso, il binomio divino Hitler-Dio Tonante, il suo pontefice il Fuerher, il proprio clero rappresentato dal Circolo Interno dei Dieci Cavalieri, i Nazisti tedeschi e, infine, tutti gli stranieri Hitleriani. Gli Ebrei sono stati annientati dovunque, i Cristiani che non hanno abiurato sono una minoranza emarginata, gli abitanti dei popoli sottomessi (ma anche i comuni Nazisti tedeschi) sono considerati dei sudditi dai quali ottenere forza lavoro, e infine, la condizione di ogni donna è quella di fungere da macchina riproduttiva alla totale mercè di ogni maschio. Esse sono confinate nei Quartieri delle Donne, autentici ghetti-lager sparsi per il Reich, nei quali i figli maschi vengono strappati alle madri dopo 18 mesi, mentre tutte le femmine sono considerate semischiave destinate a crescere, accudirsi a vicenda e procreare, obbligate a portare una uniforme che, insieme all’imposizione di portare i capelli rasati a zero e assumere una postura semieretta, contribuisce a cancellarne ogni tipo di antica bellezza; lo stesso linguaggio femminile è “ridotto ad un bisbiglio di paura tra le pareti del ghetto”(4) . Solo le donne Cristiane sono meno disprezzate delle altre: possono vivere in casa insieme ai figli; più che bestiame, sono considerate animali domestici senz’anima.
Al contrario, il potere maschile ha sviluppato una paradossale estetica secondo la quale la sola vanità concepibile è la propria; i capelli lunghi sono considerati simbolo di forza e bellezza (opinione condivisa anche dai Cristiani) e l’omosessualità, anche se scoraggiata ai fini della continuità della specie, è perfettamente tollerata. Il linguaggio dei dominatori è adorno di magniloquenti espressioni di sacralità guerriera(5) .
Benché in campo bellico si disponga di aerei, carri armati e navi da guerra, cultura, estetica religiosa ed economia sono retrocessi ad un livello medievale; i terreni vengono lavorati con la forza muscolare, solo chi è obbligato dal proprio ruolo è alfabetizzato (il sacerdote-Cavaliere von Hess ed il tecnico-meccanico Alfred, ma non il contadino-soldato Hermann), non esistono altri libri oltre a manuali tecnici e la Bibbia di Hitler, e il dogma di fede nella natura divina di Hitler, nel cui culto confluiscono sincreticamente gli aspetti più misticamente dispotici del Cristianesimo(6) e i caratteri più bellicosi del pantheon nordico, è ritenuto verità assoluta anche dai popoli conquistati.
Quello che non è stato abolito del passato è tenuto in vita dal potere solo per disporre di un termine di paragone con cui dimostrare la propria superiorità; così, Stonehenge non è stata distrutta al solo scopo di dimostrare l’inferiorità dell’architettura Inglese, mentre la lingua Tedesca non è stata imposta sulle altre perché ritenuta troppo sacra per essere condivisa anche dai dominati. Alle altre testimonianze hanno invece provveduto, nei secoli successivi, le fiamme e la violenza distruttrice del fanatismo.

(3) As a man is above a woman, So is a Nazi above any foreign Hitlerian. As a Nazi is above a foreign Hitlerian, So is a Knight above a Nazi. As a knight is above a Nazi, So is Der Fuehrer (whom may Hitler bless) Above all Knights, Even above the Inner Ring of Ten.
And as Der Fuehrer is above all Knights, So is God, our Lord Hitler, above der Fuehrer. But among God the Thunderer and our Lord Hitler No one is stronger than the other one, No one commands the other one, No one obey to the other one. Both are the same in this Holy Mystery.
Both are God.
Heil Hitler
(Swastika Night, 1985, Feminist Press, New York, p. 7)

(4) C. Pagetti, La notte della Svastica, prefazione, p. XI, Editori Riuniti, Roma, 1993.
(5) “Woman, where is my son? – Here, My Lord, here is your son that I, unworthy, have begotten.” (Swastika Night, 1985, Feminist Press, New York, p. 9)
(6) I believe in God the thunderer, who made this physical earth on which men march in their mortal bodies, and in His Heaven where all heroes are, and in His Son our Holy Adolf Hitler, the Only Man. Who was, not begotten, not born of a woman, but Exploded!
From the Head of His Father, He the perfect, the untainted Man-Child, whom we, mortals and defiled in our birth and in our conception, must ever worship and praise. Heil Hitler.
Who, in our need, in Germany’s need, in the world’s need; for our sake, for Germany’s sake, for the world’s sake ; came down from the Mountain, the Holy Mountain, the German Mountain, the nameless one, to march before us as Man who is God, to lead us, to deliver us, in darkness then, in sin and chaos and impurity, ringed down by devils, by Lenin, by Stalin, by Roehm, by Karl Barth, the four arch-fiends, whose necks He set under His Holy Hell, Grinding them into dust.
Who, when our Salvation was accomplished, went into the Forest, the Holy Forest, the German Forest, the nameless one; and was there reunited to His Father, God the Thunderer, so that we men, the mortals, the defiled at birth could see His Face no more.
And I believe that when all things are accomplished and the last heathen man is enlisted in His Holy Army, that Adolf Hitler our God will come again in martial glory to the sound of guns and aeroplanes, to the sound of trumpets and drums.And I believe in the Twin Arch-Heroes, Goering and Goebbels, who were found worthy even to be His Familiar Friends.
And I believe in pride, in courage, in violence, in brutality, in bloodshed, in ruthlessness, and all other soldierly and heroic virtues. Heil Hitler. (ibidem, p. 5-6)


Sangue e Onore

Sangue e Onore (Blut und Ehre) è un motto, inciso sulla lama dei pugnali in dotazione alle ShutzStaffel e sullo stesso che Hermann porta con sé dopo la funzione, in compagnia di Alfred. Fra il Reich storico e quello distopico le analogie ruotano, come in questo caso, attorno all’etica di un popolo che fa della propria superiorità militare un tratto di superiorità totale. La guerra e le virtù eroiche connesse costituiscono la pietra di paragone con cui giudicare il valore degli uomini. Lo Stato Nazionale voluto da Adolf Hitler (ex caporale decorato durante la Prima Guerra Mondiale) era inteso come una rinascita del precedente Reich Tedesco, forgiato dal dittatore sul fuoco del Reichstag, sul quale venne immolata la Repubblica di Weimar. Essa si costituituì dopo il Trattato di Versailles, dal quale la Germania uscì mutilata territorialmente e dissanguata economicamente. Secondo Hitler, una della cause della sconfitta andava imputata alla scarsa preparazione militare del popolo tedesco, la cui bellicosità era stata repressa dalla pacifica gestione borghese dello Stato e dall’internazionalismo Marxista.
Dalla nomina a Fuehrer nel ’33 fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale passarono solo sei anni, durante i quali la direzione dello Stato venne affidata, dopo lotte politiche interne (l’eliminazione delle SA, la vecchia guardia del Partito, culminata nella Notte dei lunghi coltelli), al Partito NazionalSocialista dei Lavoratori Tedeschi (N. S. D. A. P.), che aveva ormai scelto come simbolo la Svastica. La Germania avrebbe dovuto riconquistare il proprio lebensraum (spazio vitale) tramite la militarizzazione dello Stato sul rigido modello Prussiano; la sua epurazione dalle razze cosiddette inferiori (Untermensch) presenti su tale territorio nazionale; l’eliminazione della concorrenza politica; la ripresa dell’economia tedesca (ottenuta rioccupando e annettendo territori perduti dopo Versailles), disastrata dalla guerra precedente e dalla crisi del 1929, che investì tutto il mondo (ma non l’Unione Sovietica); una aggressiva politica estera, che avrebbe culminato nell’attacco alla Polonia del 1° settembre 39 e l’inizio delle ostilità. Ma, stretti dagli Alleati ad ovest e dall’Armata Rossa ad est, Hitler e la sua macchina bellica furono sconfitti. Il sogno di un Impero millenario naufragò a Berlino il 9 Maggio 1945. Due anni prima della guerra, la Burdekin,

che conosceva l’Hitler “rispettabile”, ammirato in tutto l’Occidente per aver salvato la Germania dalla crisi economica, e non ancora artefice delle leggi antisemite, ha già capito del Nazismo l’essenza oscurantista e totalitaria, maschilista e razzista, con la lucidità che può avere un’emarginata, una donna non sottomessa ai canoni di femminilità. Ella legge nel futuro come Cassandra l’oscura profezia di un universo in dissoluzione sotto il peso di un’ideologia folle e disperata…Eppure, la straordinaria qualità di straniamento prodotta dal romanzo della Burdekin non risiede soltanto in una visione così cruda e, a modo suo, capace di cogliere certe aberranti tendenze del Nazismo “storico”, già impregnato negli anni ’30 delle dottrine della razza, del sangue, del popolo superiore forgiato da un capo carismatico. Paradossalmente, l’immaginario Impero Hitleriano è lo spazio non della forza, ma della debolezza maschile. (cfr. C. Pagetti, La notte della Svastica, Editori Riuniti, Roma, 1993, prefazione, p. XI)


Gli Dei della Guerra

Cosa e come abbia fatto la Germania a scatenare la più sanguinosa e orrenda delle guerre moderne è un argomento ampiamente trattato dalla letteratura in campo storico. Cosa e come avrebbe fatto il Terzo Reich in caso di vittoria è l’argomento del romanzo della Burdekin. Il perché del Nazismo, della guerra e della Shoà è oggetto di studi accurati, di cui si occupano storici, filosofi, politici, giornalisti e psicologi, che ruotano tutti attorno alla figura di Adolf Hitler. Si tenterà qui di delineare invece che cosa sia stato in essenza il Nazismo, dal punto di vista della propria dottrina, della sua manifestazione storica e del suo demiurgo.
Si immagini il giovane caporale austriaco, ferito e temporaneamente menomato dai gas asfissianti(7) (usati in guerra per la prima volta), al quale è stata conferita una decorazione, apprendere in ospedale la notizia della resa della Germania. Se ne immagini la frustrazione di fronte al crollo dello Stato nel quale l’ex studente d’arte aveva intravisto, attraverso la carriera militare, una realizzazione personale. Se ne immagini il disprezzo nutrito verso coloro che, secondo lui, hanno concorso alla sconfitta, cioè il debole governo borghese, il boicottaggio dei partiti marxisti e vasti strati della casta militare colpevoli di non aver mostrato quel valore guerriero necessario alla vittoria. Se ne immagini, infine, la decisione di intraprendere una attività politica con la quale ristabilire l’ordine precedente il 1914, e magari anche vendicarsi. Questo è il punto principale della politica Hitleriana. Una violenta rivalsa finalizzata a fondare un impero destinato ad esercitare sulle altre nazioni una supremazia di tipo militare piuttosto che economica o culturale.

La guerra mondiale fu l’ultima ricevuta presentata al Reich dalla sbagliata politica estera del Reich stesso. Era un’altra la strada sa seguire: rinforzarsi nel Continente conquistando nuovi territori…Logicamente, era una politica che poteva essere attuata solo con l’alleanza dell’Inghilterra oppure aumentando in maniera eccezionale la forza armata ottenendo però come conseguenza un minor sviluppo dei compiti culturali per 40 o 50 anni. Questo sarebbe stato ben tollerato. (Mein Kampf, p. 195)

Il primo tentativo fallito di conquistare il potere, il Putsch del 1925 a Monaco, darà occasione ad Hitler, condannato ad un breve periodo di reclusione, di descrivere il proprio programma politico nel libro intitolato Mein Kampf (La Mia Battaglia). Nel 1930 il libro costava 12 Marchi e veniva stampato nel formato 12 x 18,9 centimetri, quello normalmente adoperato per la Bibbia. Nel libro:

Oltre a caratterizzare il tipico antisemitismo nazista (una gerarchia di razze con a capo gli ariani dai capelli biondi e occhi azzurri, puri e superiori agli ebrei), Hitler esorta allo sterminio del marxismo e contemporaneamente, alla creazione di un socialismo nazionale (lotta di razza invece di lotta di classe); la richiesta della sconfitta del bolscevismo attraverso una guerra di razza; lo stabilimento di più territorio nell'Est per nuovi spazi di vita che avrebbero realizzato il “destino storico” dei tedeschi; l’alleanza con l’Inghilterra col fine di evitare una seconda guerra a due fronti; l’ulteriore polemica al parlamentarismo con la proposta di trasformarlo in un Führerstaat (dittatura); il riassunto di tutto quanto nel programma del partito nazional-socialista tedesco dei lavoratori (NSDAP); autobiografia e storia del partito fino al 1924. (Fonte: Wikipedia)

I referenti politico-culturali del Nazismo possono essere rintracciati nell’Ottocento: parte non indifferente ha giocato il concetto darwiniano della sopravvivenza del più adatto tramite la “struggle for life”. Inoltre, si ricordino le dottrine di superiorità della razza bianca rispetto alle altre, propugnate in opuscoli come il Saggio sulla disuguaglianza delle razze a firma di J. A. de Gobineau, dottrine ottenute distorcendo il significato degli esiti dei primi studi linguistici sull’Indoeuropeo (definito allora anche Indogermanico) ed identificando una razza umana superiore definita Ariana (dal sanscrito Arya, nobile), i cui ultimi esponenti incontaminati risiedono nelle regioni del Nord Europa; a questo mito ha inconsapevolmente contribuito anche lo storico romano Tacito nel De Origine et Situ Germanorum, quando descrive le tribù al di là del limes come un popolo dai tratti somatici (colore di occhi e capelli, statura) uguali solo ai propri.

La lotta che presentemente infuria ha scopi molto grandi: una civiltà lotta per la propria sopravvivenza: una civiltà che comprende in sé millenni e che contiene insieme l’Ellenismo e il Germanesimo. (Mein Kampf, p. 48)


Da questo passato, ritenuto opportunisticamente glorioso e mitico, l’estetica nazista mutuò il proprio simbolo, l’antica raffigurazione solare della cultura indiana, la Svastica, dal sanscrito svasti, felicità, salute.

Dopo moltissime prove, disegnai la forma finale: un vessillo rosso con un disco bianco, al centro del quale era posta una croce uncinata nera…Nel rosso, riconosciamo l’idea sociale del movimento, nel bianco l’idea nazionalista, nella croce uncinata, l’impegno a combattere per l’affermazione dell’uomo ariano e per il diffondersi della tendenza al lavoro creativo, che fu e sarà sempre antisemitico. (ibidem, p. 112-113)


Certamente, nell’elaborazione ideologica del nazismo confluirono il concetto filosofico dell’Ubermensch (il Superuomo), quello della volontà aristocratica di potenza dei pochi eletti sul resto dell’umanità e quello che considera il Cristianesimo una malattia dell’anima, uno strumento di dominio da parte della Chiesa secolare volto ad annullare la vitalità dell’essere umano, presenti nell’opera filosofica di F. W. Nietszche (che pure non si pronunciò mai in favore dell’antisemitismo).
In questa ottica la morale Cristiana, se non la religione, venne sempre più ignorata, sostituita da una ritualità pagana originatasi dall’irrazionalismo romantico tedesco, che, toccando l’apice della grandezza nelle rappresentazioni drammatiche adorne di possenti sinfonie di R. Wagner, tendeva a recuperare l’antica estetica della mitologia nordica e dei suoi eroi immortali, privilegiandone il lato guerriero e aggressivo. Come gli antichi Greci disprezzavano i non Greci, così l’altro, il non Ariano, che diveniva oggetto di odio e disprezzo, venne identificato nel comunista e nell’Ebreo, accomunati storicamente nel Marx della dottrina Socialista.

Nel momento stesso in cui in Germania il comunismo sarà annientato, il giogo tedesco sarà per sempre distrutto. Poiché noi, nell’andamento della storia, non uscimmo mai annientati dalla potenza dei nostri nemici, ma soltanto dai nostri propri difetti e dagli avversari interni. (ibidem p. 254)


Come per gli antichi Spartani, il cui corpo sociale doveva essere composto solo da quelli che avrebbero potuto combattere per la comunità ottenuto eliminando i non adatti alla sopravvivenza, la politica razziale nazista si attuò con progetti di eutanasia (l’Aktion T4, dapprima applicato sui neonati e poi esteso ad altri soggetti che soffrissero di gravi infermità), di genocidio (la “Soluzione Finale” al problema ebraico tramite cremazione e gas asfissianti), di eugenetica (la sterilizzazione di “indesiderabili” e il Progetto Lebensborn, “fonte di vita”, ossia l’unione coatta fra cittadini ritenuti i migliori elementi della razza ariana, finalizzata a generare i futuri padroni del mondo) e di conquista territoriale, il LebensRaum, lo spazio vitale, ottenuto sterminando le forze nemiche o renderle schiave nei campi di concentramento.

Se all’inizio o durante il conflitto si fossero uccisi col gas dodici o quindicimila di quei giudei distruttori del popolo, come rimasero uccisi dal gas sui campi di battaglia centinaia di migliaia di tedeschi di tutte le classi, non sarebbero morte invano milioni di persone. Ammazzando dodicimila criminali finché si era in tempo avrebbero guadagnato la vita un milione di preziosi tedeschi…Che cosa predomina nel mondo borghese, l’impotenza, la vigliaccheria o la distorsione mentale? (ibidem, p. 251)


Per ottenere tutto ciò, venne approntato il sistema della violenza, sviluppatosi nelle SS di Heinrich Himmler, braccio armato del Partito Nazista e depositario dell’etica del regime; nella propaganda mistificatrice di Joseph Goebbels, fra pseudoscienza e roghi di libri; nel controllo totalitario di Hermann Goering sulle forze armate, piegate alle direttive del potere politico come non mai durante le precedenti monarchie(8). Così, facendo leva su malcontento economico, xenofobia latente e sentimenti irredentisti, un solo uomo riuscì a muovere un intero popolo verso un anacronistico ritorno ad un’epoca di guerre di popoli e di conquiste territoriali, quando il destino degli uomini era deciso dalla loro forza in battaglia e la pietà era ben lungi dal nascere, un futuro primitivo governato dalla Pax Germanica,

una pace non sostenuta dagli scodinzolamenti di piagnucolosi discorsi pacifisti, ma basata sulla spada vincitrice di un popolo dominatore che si impadronisce del mondo per l’utilità di una civiltà superiore. (ibidem, p. 24).


(7) L’uso dei gas nei lager fu forse introdotto anche dalla ritorsione personale del futuro dittatore? Di certo un senso della vendetta appare anche dopo la conquista di Parigi: Hitler sottoscrive la resa (parziale) della Francia a Versailles, nello stesso vagone ferroviario dove prima la Germania era stata smembrata dal precedente Trattato, vagone che poi farà distruggere con dell’esplosivo; le V1 e V2 inoltre erano l’abbreviazione di Vergeltungswaffe 1 e 2, quindi “prima e seconda vendetta”.
(8) Il codice militare germanico era sempre basato sul vecchio “Rechtstaat”, quello guglielmino, e in uno degli articoli che veniva di peso riportato, era contenuto il famoso “Paragrafo 47” il quale autorizzava i soldati a resistere agli ordini dei superiori se essi contraddicevano i codici morali e penali. L’obbedienza era dovuta non ad ordini che andassero contro la morale, ma doveva sempre essere soggetta alla legge, pena il suo annullamento. Di conseguenza, questo riguardava i soldati, la Wehrmacht, non le SS.
In alcuni casi ufficiali della Wehrmacht si rifiutarono di collaborare con il SD (servizio di sicurezza). Conosciamo ad esempio la presa di posizione dell’ammiraglio Canaris capo dell’Abwehr, il controspionaggio, che già l’8 settembre comunicava al generale von Stuelpnagel capo del Quartier Generale 1 che le SS si vantavano di fucilare giornalmente 2-300 polacchi. Qualche giorno dopo nel treno del Fuehrer, a Illnau, Canaris informava del fatto il generale Keitel aggiungendo: “Un giorno il mondo riterrà responsabile di ciò anche la Wehrmacht, sotto i cui occhi avvengono tali cose”.

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